26 gennaio 2011

Workingman's Death


Workingman's Death segue il lavoro dei minatori in Ucraina, di quelli che maneggiano i sulfuri in Indonesia, in Nigeria, in Pakistan, i lavoratori dell'acciaio in Cina, fino a spostarsi nella "civilizzata" Germania. Il documentario si prefigge di illustrare la condizione del massacrante lavoro manuale in tutto il mondo: lontano dallo scomparire, nonostante le conquiste tecnologiche, sta divenendo "invisibile" come le persone che sono costrette a farlo per un compenso irrisorio. A illustrare la 'filosofia' di questo interessante documentario bastano la prima delle cinque parti in cui è suddiviso e la citazione iniziale da Faulkner che si può riassumere così:" Non c'è niente nella vita degli uomini che si possa fare per otto ore consecutive. Né mangiare, né bere, né fare l'amore. Con un'eccezione: lavorare. E' per questo che gran parte dell'umanità rovina la propria e l'altrui vita." I minatori clandestini dell'ex Unione Sovietica in balia di un liberismo che ha annullato qualsiasi copertura sociale vengono seguiti, nel primo episodio, mentre scavano in cunicoli pericolosi per estrarre qualche chilo di carbone. Il modello che gli proponeva il regime comunista era l'indefesso operaio Stakanov. Quella che si trovano davanti ora è una vita come la sua senza più l'orpello della propaganda ma con l'ansia quotidiana di non sapere come dar da mangiare ai propri figli. Gli operai non sono più 'compagni'(e non rimpiangono certo i passati governi) ma vorrebbero essere considerati 'persone'. Le ferre leggi del 'libero' mercato non glielo consentono.

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